Elementi del patrimonio storico-artistico di Torella Dei Lombardi

Parchi archeologici, cinte murarie, torri, borghi medioevali, palazzi nobiliari, abbazie e monumenti religiosi. Di questo, e molto altro, è ricco il patrimonio storico-artistico dell’Irpinia, che vanta la presenza, a Torella dei Lombardi, di due tra i principali elementi artistici del territorio: il Castello Ruspoli Candriano e la Fontana Monumentale.

Due monumenti identitari e fortemente rappresentativi della storia, delle origini e delle tradizioni locali a cui l’intera comunità riconosce valori e significati importanti, che vanno oltre l’imponenza e la maestosità degli stessi.

Una comunità che, attraverso percorsi decisionali partecipati e condivisi, li ha eletti a simbolo di antica memoria e di futuro sviluppo, garantendone la fruizione, turistica, sociale e culturale, ed incentivandone la piena condivisione. Una comunità che, trasformando i luoghi originari del potere in spazi di tutti, ha posto le prime basi per uno sviluppo resiliente.

Particolari architettonici di pregio, tra cui il Donjon di forma cilindrica (la torre fortificata del castello), l’opera d’ingegneria che consente l’incanalamento delle acque alle rispettive bocche della fontana monumentale, unitamente alla sezione museale dedicata a Sergio Leone, (il padre del regista, si ricorda, era originario di Torella Dei Lombardi) in cui si conservano sceneggiature originali, foto del regista e costumi di scena dei film più noti, arricchiscono il viaggio di #comunitàresilienti a Torella Dei Lombardi.

“Romagnano Al Monte. Memoria e Resilienza”

A confine tra Campania e Lucania, su uno sperone roccioso che sovrasta le gole del fiume Platano, si erge, solitario, l’antico borgo di Romagnano Al Monte, di cui risaltano, a prima vista, i tratti originari ed immutati dei paesi dell’Appennino Meridionale.

A dispetto degli effetti devastanti del sisma del 1980, che ha privato il borgo dei suoi spazi vitali, fermando il tempo a quel tragico giorno, esiste una comunità che custodisce, intatta, la memoria di quei luoghi. Una comunità che, negli anni, non si è arresa e lavora, costantemente, per restituire al vecchio borgo i ritmi di una quotidianità interrotta.

II recupero e la fruizione turistica del borgo, le manifestazioni culturali, le rievocazioni storiche, insieme ai tentativi di rilancio dell’economia locale sono solo alcune delle iniziative in corso; tasselli di un percorso di crescita e di resilienza che il viaggio di #comunitàresilienti ha deciso di raccontare.

 

 

Piccoli borghi da raccontare: Sicignano degli Alburni.

Situato alle pendici degli omonimi monti, il comune di Sicignano degli Alburni rappresenta una delle naturali porte di accesso al Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni. Un borgo le cui origini risalgono molto probabilmente al periodo costantiniano (300 d.c), ma che ha assunto l’attuale conformazione solo in epoca longobarda, con la costruzione del Castello, oggi noto come Castello Giusso del Galdo, e lo svilupparsi di case e vie intorno allo sperone roccioso che tuttora lo ospita.

Un borgo costituito dall’unione, amministrativa e politica di 5 frazioni (Galdo degli Alburni, Castelluccio Cosentino, Scorzo, Terranova e Zuppino) sorte in periodi storici ed in punti diversi del territorio, per lungo tempo distanti ed autonome, tanto da essere considerate, a loro volta, dei “piccoli Comuni”.

Il viaggio di #comunitàresilienti fa tappa, quindi, a Sicignano degli Alburni per conoscere, insieme ai suoi protagonisti, le interessanti iniziative di valorizzazione e fruizione delle risorse naturalistiche ed ambientali che il comune offre.

La resilienza dei pastori. Custodi del territorio e di antiche tradizioni

Il territorio dei Sentieri del Buon Vivere e la sua comunità sono, da sempre, custodi di tradizioni e buone pratiche che hanno consentito la conservazione, nel tempo, di saperi e culture originarie e, la pastorizia, è una di queste.

Considerata una delle più antiche attività produttive umane, essa si caratterizza per il suo elevato valore culturale e ambientale, ponendosi come strumento di conservazione della stabilità di sistemi ambientali, ecologici e sociali particolarmente fragili, come quelli delle aree rurali interne.

Questa forma di allevamento estensivo è stato dunque riconosciuta dall’Unione Europea come una delle pratiche a più alto valore di naturalità, poichè basata su una forma di uso del suolo ecologica e capace di innescare processi ambientali virtuosi.

Insieme ai protagonisti di questo viaggio #comunitàresilienti ne indaga i processi e le peculiarità, ponendo attenzione sull’antichità e sull’originalità di una “cultura pastorale” così radicata, nel contesto locale, nella speranza che non tutto vada perduto e che gli sforzi profusi possano essere seme di resilienza per l’intera comunità, consapevole delle conseguenze negative, ambientali e sociali, che l’abbandono di questa pratica comporterebbe.

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